Il mio personale percorso con Q.P.G.A. è cominciato lo scorso 6 Dicembre, in quell’anteprima al Gran Teatro di Roma vissuta con uno dei miei più cari amici, tra l’altro poco al di dentro di quello che è l’universo baglioniano. Q.P.G.A, acronimo di “Questo piccolo grande amore”, fortunatissima Hit e fortunato LP del 1972, anno in cui uno sconosciuto Claudio Baglioni conquista la vetta della classifica italiana e dove vi si ancorerà per ogni produzione discografica. L’idea di base era sì semplice, ma lontana da quelli che erano i canoni di allora, tanto che quell’album contestualizzato all’epoca, può essere considerato una vera e propria rivoluzione. Infatti, mentre parte dell’Italia viveva dell’impegno degli strascichi del ’68, anche sotto un profilo artistico, Baglioni aveva scelto di improntare le sue fatiche su un concept album dedicato ad una storia d’amore, in uno snodo melodico di incastri e testi assolutamente immediati, diretti, di quelli che arrivano dritti al lago dei sentimenti comuni, facendo così totalmente centro. Avrebbe dovuto essere già allora un doppio album, ma i discografici non se la sentirono di rischiare così tanto su quella che poteva essere solo una promessa e questo costrinse il giovane cantautore a tagliare, limitare, le avventure dei due protagonisti. Da allora i successi di Baglioni si sono succeduti uno dopo l’altro, tanto da raggiungere traguardi prestigiosi e insperabili per la maggior parte degli artisti italiani e non solo. Quarant’anni dopo è ancora “Questo piccolo grande amore”. Il desiderio e la volontà di riprendere in mano questo lavoro e farne qualcosa di più, una produzione lontana dai canoni del Claudio attuale, quello che oggi è ancora più ricco di una introspezione e di una capacità compositiva sopra la media, un ritornare alle origini, un confrontarsi con il sé di allora, lasciando respirare pienamente quello che avrebbe voluto che fosse il progetto originario. Anticipato, come detto, da un’anteprima nei teatri di tutta Italia, Q.P.G.A viene riletto interamente. L’album che è uscito venerdì scorso però, è soltanto l’ultimo tassello del puzzle. Il primo passo è stato nella realizzazione di un film, dove lo stesso Claudio partecipa per la sceneggiatura e – ovviamente – ne scrive la colonna sonora e, seppure dai toni adolescenziali, il film si lascia godere e regala qualche buone emozione e qualche sana risata. Fa un certo effetto avere una fisionomia completa di quello che è stato per anni soltanto immaginato, fantasticato attraverso i 15 brani che componevano l’album. Andrea e Giulia, improvvisamente, oltre ad avere un nome, hanno anche dei volti, degli atteggiamenti, degli amici, dei genitori. Le critiche sono abbastanza buone e gli incassi nelle settimane di programmazione degni di nota. Archiviato il film, si passa a quello che – personalmente – è la punta di diamante dell’intero progetto: Il romanzo. Claudio, se nei primi anni di carriera ha saputo utilizzare un linguaggio semplice per ciò che concernevano i suoi testi, già dagli anni ’80, affina la sua attitudine narrativa, garantendo alle parole la forza che forse soltanto la poesia è in grado di dare. Quello che ci troviamo tra le mani è un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato e che riesce veramente a spiegare ogni cosa che il mondo di “Questo piccolo grande amore” voleva esprimere e imprimere. Il centro è in questo breve periodo: “Alcuni amori non durano tutta una vita, ma la cambiano per sempre.” Ultimo tassello, prima della ripresa dei concerti, è il doppio album uscito il 27 Novembre. Ben 52 tracce e 69 artisti (parliamo di Mina, Battiato, Cocciante, Morandi, Pausini, Jovanotti, Venditti Negramaro e tanti altri) in partecipazione per quello che è sicuramente il progetto più popolare della storia della musica leggera italiana. I quindici pezzi di allora sono stati completamente riarrangiati, in alcuni tratti riscritti e adornati dai restanti 37. Momenti musicali di rilievo, che donano una reale completezza a quel progetto che un Claudio poco più che ventenne aveva saputo realizzare. Incisi che diventano strofe, strofe che diventano ponti e ancora incisi, in un parallelismo perfetto e congruo. Fantastico. Il mio consiglio è quello di recuperare il romanzo e il doppio album e di fruirne proprio in questa sequenza, così che ogni passaggio musicale sia completamente assimilabile. Applausi sinceri ad un artista che nel tempo non ha soltanto dimostrato di essere uno dei più grandi (se non il più grande), ma che ha sempre saputo rimettersi in gioco e non commercializzarsi alla stregua di tanti blasonati colleghi. Purtroppo, come spesso anche lui ha affermato, si vive nel tempo dei luoghi comuni, dove un’idea, un sentito dire, diventa una realtà assoluta, anche se la verità è tutt’altra cosa. Bravo Claudio, bravo davvero.
Noi due ci siamo tanto amati, senza poterci amare tanto,
forse per questo condannati a non guardarci mai dormire accanto
(Claudio Baglioni – Un po’ d’aiuto)