Perché c’è questa convinzione,

questa idealizzazione di eternità che poi effettivamente non c’è. Noi stessi non siamo per sempre, siamo di passaggio sulla pellicola del mondo. Vale la pena fossilizzarsi tra rancori e le diatribe inutili? Tra i dubbi del fare e il non fare? E se domani ti dicessero che il tuo tempo è oggettivamente in scadenza a breve? Ne sarebbe valsa la pena? C’è chi aspetta e c’è chi vive. Ed è per questo che è adesso, è adesso che devi prendere tutto quello che devi prendere. Quante volte ti sei fermato e non hai fatto, non hai detto, non hai provato per poi tornare sui tuoi passi con la coda tra le gambe? Per quale ragione? Per la paura di un rifiuto? Per il timore del giudizio altrui? Per un fallimento? Per una porta sbattuta in faccia? Ma tu a chi diavolo devi rendere conto? Agli altri o a te? E non è meglio un no – per quanto fastidioso – al campare sul davanzale di speranze che da sole non si realizzeranno mai? Sono dell’altra fazione, di quelli che comunque hanno provato, di quelli che comunque ci provano. Per cui quando verrai a chiedermi consiglio, non potrò che ripeterti questo: mettiti in testa che se non ti lanci, se non osi, se non affronti, fai soltanto un torto verso te stesso. I limiti che avverti, sono impostati da te e dall’educazione che hai subito, cosa aspetti a rimuoverli? Se tu pensi che la vita sia attendere, fallo pure, non verrò certo io a smuoverti dalla tua empasse, ma se credi di meritare qualcosa di più di uno sbiadito presente ancorato sulle spalle del passato, beh, che cosa stai aspettando? Se non te la costruisci tu la strada per la realizzazione di quel che vuoi, credimi, non ci sarà nessuno disposto a farlo per te. Quant’è che rimandi quella telefonata? Quant’è che rimandi delle scuse? Quant’è che non ti alzi dalla sedia nel comfort delle tue – patetiche – sicurezze, per dire qualcosa a qualcuno/a? Quant’è che non affronti le tue paure? Fallo, cazzo! Fallo. Pure se devi dire soltanto “vaffanculo”. Te lo devi, per dare un senso alla possibilità che hai avuto da quando hai staccato il tuo biglietto per il viaggio in questa vita. Sono imperfetto molto più di quanto non vorrei, eppure poi mi parli di quanto mi stimi, di capacità univoche nella mia persona. SBAGLI! Già il solo piacere di dire: “io ce l’ho fatta, io ci provo”, vale il tuo massimo impegno, ma credimi, ne basta una parte infinitesimale. A volte saltare il fosso è dura, quel lancio nel vuoto è una stretta allo stomaco, è gola secca, è riflessioni che portano a sublimazioni negative, però è tutto nel fare quel salto, che poi una volta effettuato, ti rendi conto che il fosso non era né così profondo né così ampio. Smettila di passare le giornate su Facebook o MSN, sul fiume dei ricordi, nelle bugie che dici a te stesso tra frasi e topic e gruppi dei tristi. Vivi. Vivi, adesso. Non perché te lo dico io, ma per te, perché te lo meriti. Nel mio primo romanzo ho dipinto la stronza per eccellenza – Chiara – e la debole per eccellenza – Sara – e per ovvi motivi, per chi lo ha letto, non ho da farvi leggere di quest’ultima, ma posso farti vedere come è andata alla prima. Sono stanco di augurare buona vita e buona fortuna in giro, preferisco augurarti una buona volontà e una buona costruzione di vita. Dipende SOLO da te.

Vi lascio col paragrafo relativo a Chiara.

«Basta! Basta così, ne ho abbastanza. Trovatene un’altra disposta a sopportarti, per quanto mi riguarda per te ho fatto anche troppo!» Urla Chiara e Simone nemmeno l’ascolta: la ignora tranquillamente, molto più preso dal film alla televisione che da quella bellezza eccentrica che si trova davanti.

«Quella è la porta e se ti scansassi, forse riuscirei a godermi la fine del giallo.» Dice lui annoiato, quasi abituato a certe isterie femminili: molti uomini vedendolo, invidierebbero i suoi modi.

«Ah è così? Non ti interessa nulla? Bene. Torno da mia madre, non farti più sentire!» Urla Chiara nuovamente e Simone fa un cenno della mano per eludere quelle che per lui sono parole prive di fondamenta.

«Vai bella, vai…» Dice lui e Chiara, esausta dalla situazione, prende la borsa, da un’occhiata all’interno affinché sia sicura che ci sia tutto e si sbatte la porta alle spalle.

Eccola qui Chiara. La bella, seducente e spietata Chiara. Quante cose sono cambiate da quella sera in cui ha deriso Mattia così come Ico e tutti i ragazzi vissuti prima di loro. Eccola qui la Chiara dei rimpianti, quella che vorrebbe tornare sui propri passi, spossata, insicura, goffa nelle scelte, incantevole soltanto esteriormente.

Sbatte i palmi con violenza contro l’ascensore che tarda ad arrivare al piano. Prova a trattenere la rabbia, ma ansima dal nervoso. I suoi splendidi occhi non sono più determinati come un tempo, lei non è più forte come un tempo, nulla è più come un tempo. Perché è vero che il tempo è galantuomo, ma non lo è con chi non si è curato del male che ha arrecato, del dolore che ha imposto, dell’egoismo che ha provato. Si raccoglie quanto si semina, dunque. E Chiara lo sa, ha seminato poco e male, cercando sempre di afferrare tutto e subito, senza mai davvero considerare le conseguenze del suo operato.

Con collera aggiuntiva, preme il pulsante per scendere al pian terreno e qualche secondo dopo raggiunge la macchina e con mani tremanti, infila la chiave nella serratura della Fiesta ed entra.

«Bastardo!» Grida ancora più incattivita. «Me la pagherai, quanto è vero Dio, me la pagherai!» Aggiunge colpendo il volante con i pugni chiusi.

Avvia l’auto, esce dal parcheggio e si immette al centro della carreggiata. Le lacrime le scivolano abbondanti dagli occhi che sono diventati due fessure. Si domanda come abbia potuto farlo. Come Simone abbia avuto non solo la capacità di riuscirci, ma anche e solamente il desiderio di tradirla. Eppure lei dovrebbe saperlo bene, dovrebbe ricordare quando stare con un uomo era un atto utile a riempire le giornate, ricevere attenzioni, un dare giovamento a quell’ego malato colpito da tenia.

Chi sbaglia paga. Semplice e banale e comunque sempre attuale. E per quanto provi a rifuggire questo concetto, finisce con i pensieri a ripescare – random –  tutte le situazioni in cui avrebbe potuto ovviare diversamente, non guardando soltanto ai propri interessi, non ferendo solamente. Sono passati però troppi treni e lei lo sa ed è forse questo che non riesce a tollerare, più della scappatella e dei modi di Simone.

A farle da sottofondo, il rumore di strada, delle macchine che le passano accanto, le vibrazioni del motore, nessuna canzone, lo stereo è spento. Arriva finalmente a casa, incespica con la chiave per aprire la porta entra e poggiando malamente la borsa sul mobile di fianco all’entrata, la stessa cade, rovesciando a terra il contenuto.

«Dio!» Esclama fuori di testa.

Tuttavia Dio è occupato in qualcosa di meglio e più importante, perché non l’ascolta, perché il nervoso che prova rimane tale e quale.

«Chiara! Ma che ci fai qui a quest’ora?» Domanda Marina, sua madre, che sentendo tutto quel rumore si è svegliata di soprassalto ed è accorsa all’ingresso.

«Non voglio parlarne, è un brutto momento, mamma.» Risponde Chiara provando a raccogliere tutto quello che è caduto.

Le mani però non sono ferme e finisce per dare un calcio alla borsa per l’esasperazione, riuscendo a recuperare solamente il cellulare.

«Hai discusso con Simone? È successo qualcosa di grave?» Domanda di nuovo sua madre, preoccupata per quella follia isterica.

«Ho detto che non ne voglio parlare. Me ne vado in camera.» Risponde Chiara, sfilandole davanti e lasciando Marina così, di sasso, come se non avesse assolutamente voce in capitolo, come se essere la donna che l’ha partorita e cresciuta non avesse alcuna valenza.

Marina non aggiunge altro, prova a sistemare le cose a terra e Chiara si chiude in camera lasciandosi scivolare sul letto.

«Bastardo…» Rumoreggia stringendo i denti.

Colpisce il letto con un pugno, un gesto assolutamente inutile nell’inutilità di un reiterarsi di condizioni causate unicamente da lei.

Poi ha un attimo, un solo attimo di lucidità.

«Mattia.» Dice come riuscendo a centrare col pensiero, qualcosa che non era ancora ben definito. «Ho bisogno di Mattia.» Ripete a se stessa quasi che facendolo lui possa avvertirlo in quel breve lampo che le ha attraversato il cervello in panne. «Mattia mi amava sul serio, non mi avrebbe mai fatto del male. Il mio Mattia…» Dice ancora e si abbandona ad altre lacrime, lacrime che non le permettono di guardare nitidamente il display del cellulare.

Si stropiccia gli occhi con forza, il rimmel e la matita le macchiano il viso, l’incanto che traspariva da ogni suo lato perde totalmente di spessore. Veloce, con quelle dita di unghie ricostruite, cerca Mattia tra i contatti della rubrica, ma del suo nome nessuna traccia.

«No! Non posso averlo cancellato!» Lamenta riguardando con più attenzione e trovando solamente quella bieca verità.

«Non è possibile… Non posso averlo fatto..» Dice ancora fin tanto non le torna in mente quella sera in cui troppo sicura ha fatto pulizie nella rubrica, eliminando anche il contatto di Mattia.

Mattia ora può essere semplicemente un desiderio irrealizzabile, perché è svanito così come aveva detto quella notte, quando le ha gridato addosso che non l’avrebbe più cercata, anche se nel cuore portava soltanto lei e per lei avrebbe fatto di tutto. Soltanto ora si rende conto del valore di quel ragazzo, comprendendo quanto l’avesse fatto soffrire per quei suoi capricci e di quanto lui sia stato coerente tenendo fede alla promessa di sparire dalla sua vita. E adesso che lei ha capito, adesso che sa che proprio con lui avrebbe potuto essere davvero felice, non può nemmeno contattarlo, scusarsi.

Si lascia cadere di nuovo sul letto in un pianto che sembra non avere fine, fin tanto la notte non le concede quel sonno che inevitabilmente fa da apripista per gli incubi che sono venuti a trovarla.

2 commenti su “Perché c’è questa convinzione,”

  1. io ho fatto scelte sbagliate e non so come rimediare…grazie per l’incoraggiamento! seei un mito per me

  2. Si`, come la canzone ^^
    Tutti abbiamo fatto scelte sbagliate, io in primis, perche` non guardare oltre gli errori una volta compresi? Non puoi rimediare nel passato, ormai quello e` andato e sto con te, ma puoi farlo nel futuro, assolutamente, evitare un reiterare di condizionamenti inutili 🙂 Grazie per essere passato/a

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