che non è solo fuori le finestre chiuse ma che porto dentro ad ogni passo, pensiero. E sono qui, imbambolato sulla soglia di una vita che stento a riconoscere, credendo o quantomeno sperando che le cose arrivino da sole. Anche se non è così che ho imparato a vivere la mia vita, non è cedendo il passo al tempo che sono andato avanti tra sogni, realizzazioni e rimpianti lasciati alle spalle e se fossi il soggetto di un romanzo, mi descriverei così.

L’uomo è piegato su se stesso, chiuso ad abbracciarsi le ginocchia portate al petto. E’ stanco. E’ stanco di una stanchezza non fisica, anche se poi le occhiaie violacee sotto gli occhi nocciola di quel suo viso nascosto da una barba tralasciata sostengono il contrario. Reprira leggero, nella sua immbolità a porsi domande. La fronte aggrottata, coperta in parte dai capelli disordinati. L’uomo chiude gli occhi a vivere il respiro dei pensieri. La luce della strada si fa spazio sul pavimento del suo cubo di stanza. Ma l’uomo non l’osserva più, perché è tornato con la mente al passato, ai ricordi che hanno un sapore agrodolce. L’uomo ora è un bambino, trasformato dalla memoria è dentro un cappotto scuro; il sorriso grande dell’ingenuità infantile. Una mano stringe delicatamente la sua così piccola e sorride, sorride perché si sente al sicuro, perché sa che il gigante che lo tiene per mano mentre passeggiano, lo difenderà dalle cattiverie del mondo. Altro flashback e ora affonda con le manine dentro un impasto che odora di buono, forse diventerà una crostata, o forse una torta qualunque, l’importante è che la donna con gli occhi nocciola come i suoi, gli sorrida sempre. L’uomo è ancora un bambino e i suoi occhi velati da lacrime e dalla bocca rivoltata verso il basso fanno eco per il saluto a quei due fratelli che da domani non saranno più nel regno dei giochi. L’uomo è stato allora per la prima volta triste. L’uomo è diventato un ragazzo, è sopra il corpo di lei con gli occhi nocciola che ardono del desiderio. Non sa bene cosa succederà ma sente che anche lei prova quello stesso desiderio. Per la prima volta l’uomo ama, e per prima volta il suo amore non  è né  per il gigante, né  per la donna con gli occhi nocciola come i suoi, né per i fratelli compagni di giochi. Ama, ama intensamente la ragazza nuda sotto il suo corpo nella semi oscurità della stanza. Si toccano, si baciano, si cercano. Le palpebre della ragazza in un sospiro calano a coprire l’iride azzurra. Lui la stringe forte a sé mentre suona la loro canzone, e una nuova ondata di passione li travolge. Avrebbe voluto che quei momenti fossero eterni e forse aveva creduto davvero che lo fossero. Ma l’uomo che allora era un ragazzo non conosceva ancora il sapore degli addii. La scena cambia veloce. L’uomo ricorda la fermata dell’autobus. Poche macchine di automobilisti pigri percorrono le strade. L’uomo solo ora comprende che non esisteva migliore scenario per il primo dolore. Gli occhi azzurri di lei non bramano più dal desiderio che condividevano nei primi incontri. Gli occhi di entrambi affogano nelle lacrime. Per la prima volta si soffermò a guardare una schiena allontanarsi.

L’uomo torna al presente. Si congeda da quella posizione e lentamente si alza in piedi. Pochi passi e si avvicina a quello che forse è il suo amico più fidato, quello che mantiene i suoi segreti, le sue ambizioni, i suoi istrionismi. Quello che conterrà anche queste poche righe. L’uomo inizia a digitare sulla tastiera, non prima di aver inforcato i suoi occhiali neri. L’uomo ricorda. Come fosse una slide di diapositive, ha dentro davanti a sè ogni dettaglio delle persone che ha incontrato e amato, odiato e perso. L’uomo ricorda le stelle che sono in cielo ad osservarlo. Quanta malinconia. Molti nei giorni sono andati via e quando non erano gli altri ad andare, era il suo turno di lasciarsi alle spalle le porte chiuse. L’uomo accende una sigaretta. Soffre di quella sua incapacità di non saper domare il bisogno del suo più grande nemico e pensa alla sua ultima storia. L’uomo pensa ai suoi occhi, alla sua bocca, a quel naso così piccolo che il suo è forse più del doppio. Pensa alle risate, agli sguardi alle voglie e alla sintonia che poche altre persone possono. Ma l’uomo sa anche che quella storia è stata difficile, sfiancante a tratti irritante e imbarazzante. E’ nervoso, vorrebbe mille cose che non sono attuabili, non in quel presente almeno. Ma se potesse esprimere un desiderio, chiederebbe di tornare a quando la sua mano era piccola e delicata e tutto quello di cui bisognava, era del gigante che lo proteggeva, della donna con gli occhi nocciola come i suoi che sempre gli sorrideva e dei due fratelli nel suo regno di giochi.

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5 thoughts on “Lo sfondo è il rigido inverno

  1. è difficile esprimere qui la particolarità di ciò che hai scritto..nn ci sn commenti! ti vorrei solo dire che quell’uomo deve avere una speranza perchè quella donna con gli occhi color nocciola tornerà in lui, magari in altre vesti ma riuscià a portarlo con se nel sogno dell’amore ancora una volta!Basta crederci..notte, chicca.

  2. Le cose cambiano per vivere e vivono per cambiare…non è cosa ma come…e il come sei Tu che lo decidi…è un equilibrio sottile, una questione di stile…

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