somiglia ad un vento leggero che trascina pigramente le foglie che ingombrano le strade.
Non volevo affrontarti. Se avessi potuto scegliere, avrei camminato per un altro luogo, un’altra meta o un altro tempo anziché concretizzare giorni di supposizioni, ansie e dubbi su quella storia non storia che avevamo appena vissuto.
Se è vero che c’è sempre una scelta rispetto ad ogni decisione da prendere, la strada dell’indifferenza non era quella che avrei potuto percorrere.
Il giorno aveva già lasciato il passo alla notte; quello di Novembre è un mese con poca luce.
Nel via vai generale delle persone davanti alla chiesa, i timori si facevano più pressanti, come anche il bisogno di rivederti: volevo riempirmi ancora una volta gli occhi di te.
Lì, stretto nella mia ansia, teso tra visi vecchi e nuovi a scambiare saluti coadiuvati dal rituale del “come stai?” non c’era nulla di abbastanza utile per distrarsi.
“Arriva”. Neppure il tempo di realizzare le parole di Eleonora che già mi avevi salutato.
Ti eri infilata in uno di quei maglioni che, assieme ai tuoi jeans sdrucidi, facevano parte dell’immagine che avevo conservato dentro. Il viso armonioso che pareva dipinto da un pittore nel suo estro migliore; la fossetta sulla guancia che enfatizzava i tuoi sorrisi era come l’impronta di una goccia di pioggia caduta sulla sabbia; i capelli castani e ricci a scenderti placidamente sulle spalle. Gli occhi nocciola che erano stati il mio rifugio nelle prime notti insieme quando sottovoce mi confessavo, mi fissavano mettendomi a nudo. Il tuo neo inconfondibile, le mani in tasca.
Io e te, i protagonisti di risate, di voglia di aversi, di viversi, siamo ora i semplici attori di uno dei tanti finali che la vita riserva.
“Spiegami Stella, spiegami dov’è il dialogo, cos’hai compreso, spiegami cosa è poi accaduto”.
Domande inutili, qualunque cosa avresti detto non avrebbe smosso le motivazioni per le quali ci affrontavamo: sembrava inverosimile che tu potessi cambiare le carte in tavola.
Bluffare da giocatrice esperta o avere in mano una scala reale non pareva credibile. Sapevo che non saresti stata in grado di mentire, almeno non come avresti voluto e immaginavo che non provavi sentimenti abbastanza intensi che potessero far sì che quello non fosse il punto di rottura.
Ma nel mare dei tuoi “non lo so” avevo smesso di ascoltarti. Avevo compreso. Era come se qualcuno avesse di colpo abbassato il volume al film delle nostre vite e fatto scorrere sottotitoli che solo io potevo leggere. D’un tratto ero conscio di ogni motivazione, di ogni dettaglio.
Il mondo si muove per ciò che non possiamo avere e soltanto non avendoti avrei continuato a volerti, soltanto lasciandoci andare avremmo continuato ad amarci.

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2 thoughts on “La vita a volte

  1. “Il mondo si muove per ciò che non possiamo avere”.

    tragico e banalmente vero.

    st3lly_d

  2. ciao st3lly_d,

    sono quasi COMMOSSO che si sia ripreso un post cosi` indietro nel tempo.. e` una vita fa o forse due… ma i concetti ancora validi..

    Grazie di essere passata,

    Gianni

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