eppure qualche volta bisogna spingerli nella stessa direzione. Ci prefiggiamo delle mete, alcune sono veramente al limite delle nostre possibilità, ciononostante ci mettiamo l’impegno, la voglia e il desiderio di farcela. Altre, invece, sono alla portata, non più semplici, ma comunque plausibili e sono proprio queste che ci fanno storcere maggiormente la bocca se non si rendono concrete: che la realizzazione di un sogno non avvenga, è saldamente nel conto, non però quando il naturale corso degli eventi non si verifica. Allora poi c’è da capire perché quel qualcosa non è avvenuto, perché le cose sono andate storte, perché qualcosa che doveva essere assolutamente giusto, ovvio, si perde, non va come dovrebbe. Alla fine di una relazione avviene più o meno la stessa cosa, rimangono dei dubbi, delle domande. Una sfilza di punti interrogativi con una valenza relativizzata dai sentimenti provati, condivisi, dalla volontà sostenuta. Ci si spinge nell’estremo giochino del razionalizzare sentimenti, provando a dare una risposta ad ogni interrogativo, finendo – in parte – nel colpevolizzarsi o colpevolizzare l’altro per l’accaduto, magari prendendo maggiori responsabilità rispetto alla realtà dei fatti. Ci si sbatte nel ping pong dei “ma”, dei “se”, dei vari “vorrei” che non ci lasciano mai. Fortunatamente questa è una prassi che nel tempo sono riuscito a minimizzare o, quantomeno, limare. Innanzitutto c’è bisogno immediato di accettare che le cose siano andate così come potevano andare: la vita non è un videogioco (Heavy rain ne è un ottimo esempio), la vita è un tentativo univoco nel momento. Non c’è una seconda possibilità e se mai ce ne fosse una per bontà divina o della persona che abbiamo di fronte, beh, sarebbe comunque minata dalla prima già sbagliata. Nessuno – nell’immediato – perdona o mette da parte veramente, ci vuole tempo e ce ne vuole tanto. Quindi molto più che arrovellarsi il cervello sul perché e il per come è avvenuta una determinata cosa, dovremmo spingerci a mettere via il rancore per quanto è avvenuto e preparare la strada al meglio per quel che sarà dopo. Lo so che è dura, ne convengo, ma andare a dormire col pensiero fisso in testa e una malinconia latente non aiuta a migliorare le condizioni, come non aiuta pensare a quanto ci manchi quella persona, quella situazione, quel determinato aspetto. Aiuta comprendere che così è andata e che si può lavorare – da subito – a quello che avremo davanti. Che la vita ce la costruiamo noi. Buona settimana.
E non è sempre la strada giusta -anche se è la prima parte del percorso di redenzione- quella di trovare risposte a domande che in realtà nemmeno hanno bisogno di queste. Non è vitale avere tutte le risposte o il cercarle. Alcune incognite così rimarranno e così saranno per sempre. Inizialmente ci chiederemo se è giusto che vada così, con buchi e vuoti da non poter spiegare, da non saper dire. Eppure -col tempo- non sentiremo più la necessità di colmare questi vuoti, convivremo con essi e non sarà un peso. D’altronde, se ci si pensa, l’uomo -nella sua lunga ed interminabile storia- ha sempre vissuto con dubbi, quesiti ed eventi a cui, ancora oggi, non ha saputo dar risposta. E se l’uomo può vivere con questo, perchè non possiamo farlo noi nel nostro piccolo?
Assolutamente d’accordo Vale, su tutta la linea, d’altronde non ha senso farsi un cruccio per ogni cosa, si smette di vivere il presente ed è l’ultima cosa che ci si possa permettere. Che poi tanto le persone fanno finta di mettersi in discussione il più delle volte e finiscono come dicevamo a puntare il dito verso gli altri.