Ed è il titolo di un romanzo di Fabio Volo, forse uno dei più riusciti, uno di quelli che – se non fosse perché ho un altro stile narrativo – mi avrebbe fatto piacere scrivere.
È una vita che ti aspetto.
Lo ripeto.
Perché ‘sto cielo non sa di nulla se non lo guardo stretto con te.
Prendi piazza di Spagna, un incanto per chi la vede, una scalinata storica, la fontana, i turisti con miliardi di foto, non mi lascia niente però, l’unica cosa che la rende realmente interessante, è che l’abbiamo passeggiata insieme.
È una vita che ti aspetto.
E non lo sapevo e non lo capivo o non lo focalizzavo in maniera così netta, così forte.
Tu lo immaginavi?
L’ignorarci, il controbattere, le emozioni, la razionalità, le discussioni, il volerci, il non riuscire a staccarci, i brividi, l’intimità, la passione, i baci rubati.
Dove cazzo eri?
Come cazzo hai fatto?
È una vita che ti aspetto.
La piega, i tuoi gesti, le sorprese, i sorrisi, gli sguardi, i messaggi, i biglietti, i post-it, le dita intrecciate.
È una vita che ti aspetto.
Ti guardo, ti ascolto, ti sento, le tue ragioni, i tuoi sentimenti, gli abbracci che straziano, il cuore che batte, che ci rende vivi, vivi davvero.
I miei sbagli, le storie finite male, le vittorie guadagnate col sudore, quell’essere diventato uomo.
Ne ho spalata di merda per crearmi quello che c’è.
È una vita che ti aspetto.
Per questo ti pretendo.
Se potessi essere per qualche attimo al mio posto, comprenderesti appieno perché è giusto che io lo faccia.
Ma non puoi e allora posso soltanto fartelo sentire.
Sarà dura stasera.
Mi conosco.
“Ti distruggo” hai detto stropicciandomi il viso.
Ho solo sorriso.
È una vita che ti aspetto.

Cuore e Vita e la logica si va a fare un giro.

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