e sono un bambino di trentaquattro anni. Il mio giocattolo preferito è la vita e ho intenzione di continuare a giocarci per tanto tempo! Pensa che oggi sono quasi 12500 giorni che lo faccio! Ho imparato la sorpresa delle mie emozioni, di un naso tirato su e di una bocca spalancata abbandonata allo stupore! Ho tanti amici, quando possiamo giochiamo insieme e ci divertiamo un mondo! E se adesso sei qui, sono sicurissimissimissimo che vuoi unirti a noi! Dai! prendimi la mano e vieni con me, sarà fantastico, promesso!
Sorrido, conscio che quel bambino che vorrebbe scrivere queste righe esiste davvero da qualche parte, nella complessità di forme che sono mie e uniche in quanto frutto delle evoluzioni che soltanto personalmente si possono. L’incoercibile disappunto di tanti piccoli sé che albergano dentro di noi.
Avevo scritto tutt’altro post, ma rimarrà privato ed è meglio così: conosco lo sciocco tipo di reazione che avrei avuto indietro.
È stato un anno lungo, comunque, vissuto intensamente, ricco di tante, troppe cose che forse non mi aspettavo nemmeno di vivere e che mi ha spiegato molto, molto più di altri attraversati prima, ponendomi – infine – come azionista di maggioranza di me stesso.
Amore, rabbia, dolore, attesa, rancore, speranza, illusioni e allegria: tanta roba sulla pelle, guarda qui le cicatrici, queste non si levigano.
Alcuni legami resistono al tempo, all’indifferenza, all’occultamento, alle ragioni, non ci puoi fare un cazzo, semplicemente accettare che sia così.
Ho conosciuto la dipendenza emotiva, quella che non ti fa compiere un passo senza porti una domanda, lasciandoti insicuro in ogni circostanza, è passata, sì, e mi rimane un ricordo dolcissimo di un me che viveva le emozioni sopra ogni ragione e di una ragazza che – pur non volendolo – mi ha insegnato più cose di quante credesse di poter fare.
Se oggi sono la persona che allora avresti voluto, lo devo soprattutto a te: ci siamo presi e dato tutto, il bene e tutto il male, sei nella pelle, nel sudore e nelle mie vittorie. Non è mai stato un errore.
Ciò che tra l’altro mi era pesato, era quell’etichetta da mistificatore rifilatami, forse perché per me la realtà è soltanto una e si può omettere, oppure negare, ma sempre una rimane, la mia. D’altronde la costruzione di quello che abbiamo attorno, di quello che proviamo, dipende proprio dal nostro angolo di visione, non da quello di un altro. Le frasi riportate, aggiustate, poste per creare clamore e problemi lasciano il tempo che trovano. Questa non è un’entropia necessaria utile a misurare i guasti nucleari dettati dalle mie mancanze e perdite di testa. Questa è la mia vita e tu in qualche modo ne fai parte. Non sono un morigerato in senso assoluto, di certo difendo i miei principi fin tanto li ritengo esatti, ma non ho intenzione di smottare dietro a questi quando e se li riterrò imperfetti.
Io so bene su cosa ho mentito, quando, come e perché, so dove non sono stato in gamba, all’altezza, ciononostante gli altri sanno sempre cosa è giusto, sono convinti di conoscere la vita meglio di me, la mia, eh? Mica la loro.
Rido e rido perché del dopo non sapete proprio niente, se non quanto desidero lasciar trasparire nei vari interventi qui sul sito, tuttavia ho fatto quello che avrei dovuto fare: pensare a me nelle dissonnie di un sogno tormentato e mal interpretato.
Seguire il percorso che mi ero imposto e che ho ripreso appieno, ha richiesto una buona dose di coraggio e applicazione, il male che provavo era tanto. Conosco chi mi ha voltato le spalle, chi è rimasto e chi ha capito, e ora non provo rancori verso nessuno, perché è normale che sia molto più sempliciotto chiudere una porta che avere la forza di spalancarla, scorgere e capire.
Stima per chi ce l’ha fatta.
Non ho niente da nascondere, il mio profilo su Facebook è pubblico.
Come non nascondo a te, che stanotte (stamattina?) rientrando ho guardato quel benedetto cigno, dov’eri?
Oggi posso reputarmi una persona serena, a tratti felice, consapevole di riuscire ad ottenere il meglio dai mezzi che ho a disposizione, in grado di raggiungere le mete che determino di volta in volta. Ogni punto di arrivo, domanda una strada da seguire e districarmi nel mio inferno mi ha piegato in diverse occasioni. A volte sei costretto a stuprarti l’anima per mantenere il controllo e fare quanto ritieni giusto. So cosa ho perso, cosa ho trovato, cosa manca, non ci prendiamo per il culo: siamo tutti protesi a cercare – costantemente – quello che non c’è. Il punto però è anche riuscire a godersi quello che c’è, concretamente, senza entrare in un limbo a spirale dove l’oggettivo presente perde valore. Dunque – se accetti il consiglio – rilassati, è tutto alla portata, basta mantenere a fuoco gli obiettivi e viversi con tranquillità il resto.
Tu badi a me non perché io sia migliore, ma perché non ti rendi conto di quanto potresti esserlo tu. Lamentarsi, non servirà ad un cazzo di niente. Non che non ci si imbatta in qualche delusione strada facendo, ma portare avanti rancori, provare delusione e puntare il dito, è uno spreco di energie che non possiamo permetterci o almeno io non posso più farlo.
Chiudo qui il mio sermone, felice di potervela raccontare ancora, comunque, la storia di questo pensatore, scrittore, artista, come dicono i più, cazzone, come dico io e vi ringrazio per gli auguri che arriveranno già da ora.
Quello che è fatto è fatto, ora proviamo a fare ancora di meglio.
L’anno zero è qui.
Allora, vieni a giocare con me?
Gianni
Siamo qui, forse appena un po’ più stanchi,
fieri perché no di quei capelli bianchi
(Claudio Baglioni – A Cla’)
Auguri Già, un abbraccio.
auguri gianniiiiiiiiiii!!:):):)
bellissimo post che racchiude il periodo che hai raccontato finora!:) ovviamente io.. vengo!:)
buon compleanno! un bacione!
eccomi… giochiamo? 🙂
(sei un grandissimo artista, pensatore, scrittore, un pò cazzone, forse…. ma anche tu, una bellissimissima persona.)
Grazie, sempre grazie per le tue parole: sono “perle” per me. Baci!