Tra i miei primi tentativi di intrepretazione di brani editi, vi è questo, l’acrobata. Canzone tra le più intense del buon Michele Zarrillo. Mi sembra fosse il 2006 quando con Francesca T. andammo in studio ad incidere alcuni pezzi insieme. Dovremmo chiederlo a lei per averne certezza. Ad ogni modo di seguito la canzone e il testo della stessa. Buon ascolto.
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L’acrobata
(Michele Zarrillo)
C’è un mare in silenzio quassù e rete non ho,
mMa cresce il tamburo nel blu e mi lancerò
e fermano il fiato per me, ma li stupirò
nel cerchio che poi nel vuoto farò.
Le case, la gente, le vie lontane laggiù,
gli errori degli uomini qui non contano più.
La soglia del male che è in noi io supererò
e fino in platea ti raggiungerò.
Amore,
che devo inventare?
Io come i poeti e gli uccelli qui a terra equilibrio non ho.
Ma il cuore mi spinge a rischiare
e su questo filo attaccato alla luna ogni sera vivrò,
morendo davanti ai tuoi occhi e al tuo seno mi libererò
nel volo che so.
Accarezzo il tuo grano e poi su nell’immensità,
qualunque promessa sarà più vera da qua,
per lunghi secondi finché dimenticherò
che un uomo quassù restare non può.
Amore,
che devo inventare?
Io come i bambini e gli acrobati a terra un mio senno non ho
Ma il cuore mi spinge a rischiare
e su questo trapezio che passa ogni sera e non torna mai più
e che tenerezza afferrarti le mani, portarti nel blu,
non scendere più.
Perdonami questa bugia più grande di noi,
ma come vorrei portarti lassù,
non scendere più.